Responsabilità di due soci di un’impresa edile (B.C. e Be.Ma.) e del progettista e direttore dei lavori (B.M.) per omicidio colposo in danno di un dipendente investito dal crollo di un muro in costruzione, nell’ambito di lavori edilizi appaltati alla suddetta ditta edile, finalizzati al recupero a fini abitativi di un sottotetto preesistente.
In primo grado veniva assolto solo il coordinatore (per la sicurezza) in fase di progettazione ed esecuzione dei lavori (P.L.), poi condannato dalla Corte d’appello di Milano.
Ricorrono in Cassazione i due soci della snc e il coordinatore per la sicurezza – La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di quest’ultimo limitatamente alla statuizione risarcitoria in favore della vittima e rigetta nel resto il ricorso. Rigetta inoltre i ricorsi dei due soci.
Quanto alla posizione dei soci, la Corte afferma che va rimarcato che la responsabilità del datore di lavoro per l’incidente accorso al lavoratore può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in presenza di un contegno eccezionale od abnorme del lavoratore medesimo, esorbitante cioè rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute e come tale, dunque, del tutto imprevedibili. Tale non è stato, correttamente, ritenuto il comportamento avuto nell’occasione dalla vittima la quale, anzi, per eseguire l’ordine ricevuto da uno dei soci (che non tenne conto del rischio rappresentato dal muro non dotato di stabilità) di intonacare il muro, dovette procedere alla necessaria rimozione preventiva delle opere provvisionali, come appunto il travetto, operazione alla quale era intento poco prima del crollo del muro.
Quanto alla posizione del coordinatore per la sicurezza, correttamente la Corte d’appello ha ravvisato l’obbligatorietà della sua presenza sul cantiere: egli è titolare di un’autonoma posizione di garanzia che, nei limiti degli obblighi specificamente individuati dal D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 5, si affianca a quelle degli altri soggetti destinatari delle norme antinfortunistiche.
Orbene, il piano di coordinamento e sicurezza (P.S.C.) è redatto durante la progettazione dell’opera dal coordinatore per la progettazione, ma deve essere applicato nella fase esecutiva sotto la responsabilità del coordinatore per l’esecuzione dei lavori (nella specie il P.), ferma restando la responsabilità del committente e del responsabile dei lavori connessa alla verifica dell’adempimento del piano stesso. Durante la realizzazione dell’opera, il coordinatore esercita, dunque, non soltanto compiti di vigilanza e di controllo; su di lui grava, invero, anche l’obbligo imposto dal D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 5, comma 1, lett. c), e cioè: “segnalare al committente o al responsabile dei lavori, previa contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, le inosservanze alle disposizioni degli artt. 7, 8 e 9, e alle prescrizioni del piano di cui all’art. 12 e proporre la sospensione dei lavori, l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto. Nel caso in cui il committente o il responsabile dei lavori non adotti alcun provvedimento in merito alla segnalazione, senza fornire idonea motivazione, il coordinatore per l’esecuzione provvede a dare comunicazione dell’inadempienza alla azienda unità sanitaria locale territorialmente competente e alla direzione provinciale del lavoro”.
A tale obbligo squisitamente precauzionale, è palese che il ricorrente venne meno e ciò proprio per effetto dell’omissione della doverosa vigilanza e puntuali controlli ai quali era preposto.